Mondo
Aleppo, la città liberata
Otto anni di guerra, migliaia di morti tra cui molti bambini.
di Paolo Buralli Manfredi e Joe Cossari, Melbourne – Australia
In tutti questi anni la città di Aleppo è stata per il mondo intero una delle città simbolo della guerra in Siria, migliaia di ore si sono consumate nei talk show per spiegare quanto il dittatore Bashad al-Assad fosse crudele con la propria popolazione e quanto l’esercito siriano, abbia ucciso senza pietà donne e bambini in una guerra che veniva combattuta contro l’esercito del califfato, conosciuto in tutto il mondo col nome di ISIS.
Il mainstream ci ha raccontato allo sfinimento le sofferenze dei civili di Aleppo, ci hanno martellato con immagini di distruzione, ci hanno fatto vedere bimbi dopo i bombardamenti sporchi di calcinacci, insanguinati ed impauriti.
Ci hanno raccontato dell’attacco col gas a Duma in Siria il 7 Dicembre 2018 che il “ Dittatore Bahsad al-Assad“ avrebbe ordinato contro la sua stessa popolazione, immagini che hanno fatto il giro del mondo coi famosi caschi bianchi che erano impegnati nel salvataggio dei civili, nella sostanza ci hanno direzionato, comunicazionalmente, in una precisa direzione per convincerci che esiste una parte buona, “ l’Occidente, le forze NATO” ed una parte orribile, Bashad al-Assad e i suoi alleati Russi. Ma è evidente che nelle guerre non esistono buoni né cattivi ma solo morte e desolazione da una parte e dall’altra.
Come sempre cerchiamo solo di far riflettere le persone e quindi ci chiediamo: cosa non ci hanno raccontato con la stessa forza e persuasione?
Non ci hanno raccontato che, l’accusa ad Bashad al-Assad sull’utilizzo di armi chimiche probabilmente era una menzogna, perché, in seguito a quell’attacco Wikileaks veniva in possesso di emails uscite direttamente dai vertici dell’OPAC (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche), dove un alto funzionario chiede ad un suo sottoposto di modificare e cancellare i dati tecnici sulle rilevazione dei gas presenti in quell’attacco, dati tecnici, che escludono l’uso del gas sotto accusa, mettendo in forte discussione l’intera organizzazione dell’OPAC e scagionando Bashad al-Assad.
Una notizia del genere avrebbe dovuto essere gridata al mondo intero, visto che già in passato si utilizzò una menzogna identica per attaccare l’Iraq, tutti voi ricorderete la fialetta mostrata da Collin Powell come prova dell’utilizzo da parte di Saddam Hussein di armi chimiche, che diede il via alla guerra all’Iraq ancora oggi non terminata, anni dopo ci dissero che quella fu tutta una messa in scena priva di verità, e ancora oggi nessuno è stato in grado di dire con certezza cosa conteneva quella fialetta e forse neanche Collin Powell ne aveva e ne ha la minima idea.
Perché l’intervista della dirigente RAI e Giornalista Monica Maggioni concordata con Bashad al-Assad, che doveva essere messa in onda in una data ben precisa sul canale RAI News 24, oltre ad essere stata ritardata è finita su Raiplay, ovviamente con meno utenza?
A questa domanda noi non riusciamo a trovare una risposta ragionevole, unico pensiero è quello che la RAI, avrebbe potuto subire delle pressioni internazionali per non pubblicarla nei tempi concordati, limitandone la visione ad un pubblico meno numeroso, con lo spostamento da RAI NEW 24 a Raiplay.
Di seguito l’intervista
Ovviamente ci sarebbero altre cento domande da fare a questo sistema d’informazione che, dà l’idea, a volte, di non avere libertà di movimento, ed oggi a quattro giorni dalla liberazione dal califfato (ISIS) da parte dell’esercito Siriano ad Aleppo, siamo rammaricati del fatto che non ci siano testate giornalistiche che abbiano avuto la forza di pubblicare e trasmettere i festeggiamenti di Aleppo, festeggiamenti di un popolo stremato che gioisce sperando di tornare ad una vita migliore dopo quasi 8 anni di guerra, e soprattutto ci si rammarica per aver visto immagini che trasmettevano la sofferenza dei bambini, utilizzate dalle televisioni per emozionare i telespettatori, mentre oggi quelle stesse televisioni non hanno trasmesso le immagini di quegli stessi bimbi che gioiscono per la fine di un assedio che ha rovinato la loro infanzia per sempre.