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Aldo Moro: 35 anni senza verità

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aldo moroAlberto Franceschini, uno dei leader storici delle Brigate rosse, nel 1988 nel libro ‘Mara, Renato ed io’, rivela che all’epoca ebbe l’impressione che i compagni avessero in mano una bomba atomica e la stessero usando come un petardo di carnevale

Roma, 30 giugno – Le raffiche di mitra sparate da Prospero Gallinari contro il presidente della Dc Aldo Moro, visto dai brigatisti come l’artefice di un progetto di cui lui era solo uno degli artefici, non chiusero il sipario su quello che per il nostro Paese rappresenta uno dei misteri piu insondati della sua storia. Alberto Franceschini, uno dei leader storici delle Brigate rosse, nel 1988 nel libro ‘Mara, Renato ed io’, rivela che all’epoca ebbe l’impressione che i compagni avessero in mano una bomba atomica e la stessero usando come un petardo di carnevale.

Il falso comunicato del lago della Duchessa in provincia di Rieti, riportante il luogo di occultamento del corpo dello statista, fece comprendere che i compagni non si sentivano al sicuro, e avevano necessita’ di accelerare i tempi. Compresero, nel modo piu’ chiaro e definitivo, che sulla sorte del presidente della Dc si stavano intrecciando interessi e giochi che travalicavano cio’ che da quel sequestro volevano ottenere. I brigatisti pensavano di non poter resistere piu’ a lungo, di essere costretti ad eliminare l’ostaggio senza avere raggiunto l’obiettivo principale: il riconoscimento politico delle Br. I capi storici intendevano incrinare la saldatura tra democristiani e comunisti, che costituiva il vero cuore dello Stato, oggetto del loro attacco definitivo, il progetto politico che avrebbe potuto segnare il futuro del Paese. Franceschini, come trattativista, riteneva che ad un certo punto le Br si erano isolate. Lo Stato, bloccando i colloqui in carcere dei capi storici ed impedendo le loro comunicazioni con i compagni all’esterno, aveva inibito ogni via di trattativa. In Sardegna, dove erano detenuti proprio i capi storici,  fu inviata senza esito Franca Rame, nel vano tentativo di intavolare una trattativa di una resa senza condizioni. In aula, il 9 maggio 1978, i capi storici, non senza timore, lessero un comunicato molto scarno riportante la frase di Lenin:  “La morte di un nemico di classe e il più alto atto di umanità possibile in una società divisa in classi”. Furono trascinati a forza fuori dall’aula.  Dopo 35 anni emergono verità scottanti sulla morte di Aldo Moro che, a quanto pare però, non rivelano nulla che già non fosse emerso nelle coscienze degli italiani: Moro andava eliminato.

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