Ambiente & Turismo
Abruzzo. Roccamorice, in viaggio tra medioevo ed eremi sacri
In un luogo incantevole, su uno sperone roccioso, l’incontro di storia e fede.
Roccamorice è un piccolo comune nella provincia di Pescara che sorge su uno sperone roccioso a 520 metri sopra il livello del mare.
Il borgo, stupendo, conta circa mille abitanti e separa le valli dei fiumi Lavino e Avinello dando al territorio l’aspetto di una insolita penisola confinante con il parco montano della Maiella e del Morrone, e a percorrere le strette vie ciottolose del suo centro storico, le splendide case medievali e settecentesche in pietra, il castello e la maestosa Torre, riportano indietro nel tempo in un epoca, quella medioevale, sicuramente suggestiva e prosperosa. Numerose le capanne a tholos, straordinario universo di architettura spontanea sconosciuto ai più, legato alla vita dell’uomo sulla montagna e alla pastorizia.
La presenza nel territorio della chiesa rurale di San Giorgio in Flagiano, fa presupporre che la zona fosse già abitata dalle prime forme eremitiche a partire dal IX secolo, per poi svilupparsi nell’Alto Medioevo.
I veri gioielli, incastonati e intagliati sulle montagne sono gli eremi sacri che si trovano nelle aree circostanti e che si intravedono tra pareti rocciose, fitti boschi e scorci panoramici.
L’Abazia di Santo Spirito a Majella realizzato prima dell’anno Mille, fu ristrutturata dopo un lungo periodo di abbandono ad opera di Pietro da Morrone, meglio noto col nome di Celestino V, giunto nel XIII secolo. A lui si deve la costruzione dell’oratorio e della sua cella oltre all’ampliamento di altri spazi interni. Dopo un periodo di totale declino, nel XVI secolo grazie agli interventi dell’Abate Pietro da Santuccio la struttura tornò al suo antico splendore. Per accedere all’Abazia è necessario oltrepassare un passaggio stretto e buio, ma molto suggestivo che conduce in alcune stanze ben conservate dell’edificio, che raccontano lo stile di vita monastico medievale. La chiesetta e il monastero sono mirabili opere dell’uomo che ha saputo sfruttare e utilizzare tutto ciò che la natura offriva; sono stati ricavati corridoi, gradinate, logge, viottoli che conducono sul fianco o al culmine della rupe fino alla cappellina e alla semplice cella che fu dimora di Celestino eremita, una primitiva costruzione del IX sec. che fu restaurata nel 1244 da Pietro Angeleri (Papa Celestino V) quando si ritirò in questo luogo per vivere nella penitenza e nella preghiera. La chiesetta fu trasformata nel ‘500, restaurata nei successivi secoli; sotto lo sperone della montagna sono collegate al monastero delle suggestive, anguste celle. Intorno a questo luogo di culto, storie di profanazioni sacrileghe, eresie e pene esemplari.
A pochi chilometri il secondo eremo, quello di San Bartolomeo in Legio, uno degli Eremi Celestiniani della Majella più spettacolari e famosi. L’edificio si sviluppa sotto un costone roccioso che lo copre completamente, tanto da mimetizzarsi nella roccia. Costruito in un periodo anteriore al Mille successivamente fu restaurato da Celestino V intorno al 1250 e da lui usato per le numerose penitenze a cui si sottoponeva. Agli ambienti dell’Eremo, che è un piccolo convento nella roccia con attigua cappella, si accede attraverso una scala scavata nella pietra, la Scala Santa, che porta a una balconata rocciosa alla fine della quale appare con effetto sorprendente la chiesa. All’interno si nota un semplice altare sui cui è posta la statua lignea di S. Bartolomeo e, sulla parete sinistra, una vaschetta che raccoglie una modesta risorgenza d’acqua che i devoti ritengono miracolosa. Poco lontano, sotto un altro riparo di roccia, scavi archeologici hanno scoperto la presenza di un villaggio dell’età della pietra.