Ambiente & Turismo
A Roma cadere in un cratere è, spesso, colpa della stessa vittima

Il numero di incidenti e cadute nelle “buche” della Capitale è in costante aumento e i giudici applicano, sempre più spesso, il principio della “presunzione di conoscenza” in difesa del Campidoglio
di Damiana Cicconetti
Continua ad aumentare sempre più il numero dei romani infortunati dopo essere inciampati e/o caduti in una delle innumerevoli “buche” che contraddistinguono le strade e le vie della Capitale.
Senza dimenticare tutti coloro che subiscono incidenti ancor più gravi perché, mentre sono fermi al semaforo, a bordo delle loro auto, vengono letteralmente “inghiottiti” da improvvise voragini che si aprono sotto di loro, soprattutto in giornate in cui vi è stata pioggia battente ma, invero, non solo.
E, da ultimo, i motociclisti i cui corpi, finendo in dette “buche”, sbalzano a metri di distanza, per essere, poi, rinvenuti senza vita.
Accade in pieno centro storico, come pure in periferia, perché non vi è differenza alcuna: il manto stradale è in condizioni pessime ovunque.
E, di pari passo con tanti e tali incidenti, aumentano finanche “bizzarre sentenze” che addossano la responsabilità alla vittima di turno, così scagionando il Campidoglio.
In effetti è a dir poco strano che, a detta dei giudici, innanzi ai quali si avviano non poche cause di risarcimento, la colpa di essersi cagionati tanto male possa essere attribuita alla stessa vittima.
Perché, nelle zone limitrofe alla propria casa, come pure all’abituale luogo di lavoro, si presume che il malcapitato non possa ignorare l’esistenza d cotanti crateri e, quindi, non possa non prestare dovuta attenzione per superarli.
Questo il principio che non pochi giudici applicano sempre più spesso.
Non a caso, i Tribunali sono pieni di faldoni relativi a centinaia – anzi, migliaia – di cause presentate dopo aver riportato fratture ai piedi, distorsione alle caviglie o, ancor peggio, rottura del femore a causa dello stato pietoso di strade e marciapiedi.
Eppure, davanti alla legittima e, invero, sacrosanta richiesta di risarcimento, la risposta dei giudici continua a meravigliare non poco: “Non potevi non essere a conoscenza dell’esistenza della buca… Dovevi saperlo!”.
Questo è quanto si legge tra le righe di molte sentenze!
Perché i giudici fanno riferimento ad un appiglio burocratico formale, seppur del tutto illogico: quello della “presunzione di conoscenza”.
Proprio questa è la formula adottata per tutelare le Casse del Campidoglio.
Dunque, se il cratere si trova “sotto casa” o “nei pressi del luogo di lavoro…” non si ha alcun dritto al risarcimento.
Una delle sentenze più recenti relativa alle buche risale al settembre 2022 ed estende il principio della presunzione di conoscenza proprio al posto di lavoro.
Il caso ha riguardato una dipendente di un ufficio che si trovava in Via dei Gracchi, nel quartiere Prati: la donna è scivolata sulle rampe per disabili del marciapiede di Via degli Scipioni, a due passi dalla metropolitana. Eppure non ha ottenuto giustizia, perché i giudici hanno, testualmente, statuito che: “Il sinistro si è verificato in ore diurne ed in condizioni di visibilità. Né va sottaciuto che la persona lavorava in zona e conosceva i luoghi teatro del sinistro e, quindi, più che verosimilmente le condizioni e lo stato del marciapiede…”.
Questo il principio della presunzione di conoscenza!
La sua applicazione, tuttavia, non può non apparire del tutto illogica.
In effetti, come si può sostenere che, cadere in una buca e farsi male, spesso finendo in ospedale immobilizzato per mesi, rappresenti una colpa dello stesso malcapitato?
Oltre il danno, verrebbe da dire, si è costretti a subire anche la beffa!
Perché addossare la responsabilità di tali incidenti alla vittima, oltre a suonare strano, induce a non poche riflessioni ed interrogativi che, alla fine, sono sempre gli stessi: la legge è (davvero) uguale per tutti?
La risposta, anche in tal caso, non può che essere la stessa di sempre: la legge lo è ma la giustizia, talvolta, non lo è affatto…
Dipende (talvolta) da chi è la contro-parte!
Di certo il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che da anni chiede un argine alle buche, alla sporcizia ed ai disservizi di Roma, non rimarrà inattiva.
Meloni da moltissimi anni si batte per migliorare le condizioni del manto stradale, persino ironizzando: “Nelle buche della Capitale ormai ci si pesca; mentre i cinghiali sono diventati animali da compagnia…”.
Non a caso, fin dal 2016, Giorgia Meloni ha partecipato alla performance dell’artista Alexander Jakhnagiev, che ha riempito le buche nei pressi del Colosseo con cartoni colorati.
Ma, ora, è tempo di divenire seri ed occuparsi realmente della risoluzione definitiva dei problemi relativi al manto stradale.
!La Capitale deve essere pulita, a misura di mamme e di commercio. Perché Roma è un museo ridotto a stalla che intendo riaprire rendendolo, di nuovo, il più bello del mondo…”.
Questa la certezza del Premier che, perciò, conclude: “Basta con la costruzione di opere avveniristiche, quali la Nuvola di Fuksas: bisogna risolvere dapprima il problema delle buche…”.
Come non essere d’accordo!