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2018. L’anno più violento della storia del Messico con oltre 34mila omicidi

Tra le vittime ci sono più di ottocento donne. La media dei femminicidi è di nove al giorno. Il governo crea una “super polizia” per combattere la criminalità.
Il 2018 è stato l’anno più violento della storia del Messico con 34.202 omicidi, una media di 94 al giorno. Tra le vittime ci sono 864 donne. Se uscire di casa può essere pericoloso per un uomo, lo è ancor di più per una donna. I femminicidi avvengono con una frequenza di 9 al giorno. L’ondata di violenza sembra inarrestabile, specie se si pensa che il 2014 si era chiuso con un numero di omicidi pari a 12.096 vittime, una cifra di gran lunga inferiore a quella dell’anno scorso. Nell’arco di 4 anni le morti violente sono aumentate del 74% e gli esperti stanno cercando di capire quali siano le cause che hanno portato a quella che nel Paese centroamericano viene ormai chiamata “crisi di sicurezza”. Uno dei fattori considerati dagli esperti, per analizzare il fenomeno, è l’impunità. In Messico solo 5 casi di omicidio su 100 vengono risolti, tutti gli altri restano senza un colpevole. Perché? La polizia messicana è tra le più corrotte del mondo ed è spesso collusa con la criminalità organizzata legata al narcotraffico. Si tratta di un fenomeno dilagante, la cui entità è stata resa tangibile da un episodio di cronaca avvenuto l’anno scorso e riportato dai media internazionali. Nella località balneare di Acapulco, situata nello Stato federale messicano di Guerrero, diverse unità dell’esercito, dotate di supporto aereo, hanno preso il controllo delle stazioni di polizia locale, disarmato gli agenti all’interno ed arrestato alcuni comandanti per presunti legami con la criminalità organizzata. La maxi operazione è stata lanciata dopo che ad Acapulco, nel 2017, si sono verificati 12.096 omicidi, la stragrande maggioranza dei quali rimasti senza un colpevole. Lo Stato di Guerrero è tra i più violenti del Messico e spesso molti agenti della polizia locale, sottopagati, non addestrati e mal equipaggiati, preferiscono “lavorare” per i narcotrafficanti in cambio di ‘mazzette’ allettanti e regali. La situazione è analoga in altre zone del Paese, per questo il nuovo presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador, salito al potere a dicembre del 2018, ha fatto approvare in Parlamento la creazione di un nuovo corpo di polizia che ha il nome di “Guardia Nazionale”. L’obiettivo di Obrador è quello di formare un corpo di polizia incorruttibile, composto da membri dell’esercito, della polizia militare, navale e dagli agenti della polizia federale, che verrà rimpiazzata completamente nel giro di 18 mesi.
La Guardia Nazionale, che conterà oltre 100.000 agenti effettivi, dovrà operare nelle aree più critiche del Paese e sostituire la troppo corrotta polizia locale, in attesa che venga riformato completamente l’organico. I reati di competenza della “Guardia Nazionale” sono vari. Si va dal traffico di esseri umani al furto d’auto; dall’estorsione al narcotraffico. Sono di competenza della Guardia Nazionale anche le indagini sui casi di sequestro e la vigilanza delle infrastrutture strategiche come autostrade, porti e aeroporti. A capo di questo nuovo organo di sicurezza, il presidente messicano ha nominato il generale dell’esercito Rodrigez Bucio, ai cui uomini sono stati conferiti ampi poteri. Come la possibilità di ricorrere, in caso di reati gravi e previa autorizzazione del giudice, ad intercettazioni telefoniche e di condurre operazioni di intelligence. Insomma, la creazione di un “super corpo di polizia” è la ricetta proposta da Obrador per tentare di arginare la “crisi di sicurezza”, un problema che tormenta milioni di messicani. Ma le critiche al progetto non mancano, specie da parte delle associazioni per i diritti umani. In un comunicato rilasciato recentemente, Human Right Watch ha sottolineato come “le forze armate siano fatte per la guerra e non per la pubblica sicurezza”. In effetti, la maggior parte degli agenti della Guardia Nazionale sono militari, addestrati a combattere il nemico e ad eliminarlo se necessario. Il poliziotto non opera sui campi di battaglia ma nei centri abitati, tra i civili e,per tale ragione,ha una preparazione ed una forma mentis diversa da quella del soldato. A coloro che lo accusano di voler “militarizzare” le forze dell’ordine, Obrador ha risposto evidenziando un dato condiviso da gran parte dell’opinione pubblica messicana: i soldati sono gli unici ad avere l’equipaggiamento e la preparazione necessaria per fronteggiare i narcotrafficanti, dotati di armi pesanti e veicoli corazzati. Tale osservazione però non è bastata a rassicurare gli scettici, preoccupati da possibili violazioni dei diritti umani. Non è la prima volta che il Messico ricorre ai soldati per combattere la criminalità. Già nel 2006, l’allora presidente messicano Felipe Calderón aveva fatto approvare in Parlamento la “legge di sicurezza interna”, che conferiva all’esercito il compito proprio della polizia. A distanza di 13 anni, la violenza nel Paese è tutt’altro che diminuita. In alcuni casi le operazioni condotte dai militari contro il crimine organizzato, si sono concluse con esecuzioni extragiudiziali di massa. Tre anni fa nella località messicana di Tanhuato, un gruppo di militari ha catturato alcuni banditi al termine di una sparatoria. Gli uomini in divisa hanno fatto fuoco su 13 prigionieri colpendoli alle spalle. Un altro è stato torturato ed un altro ancora è stato bruciato vivo. Subito dopo i cadaveri sono stati trasportati lontano dal luogo della strage ed “armati”, in modo da simulare un secondo conflitto a fuoco.