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Trump riconosce Gerusalemme capitale di Israele. USA contro tutti

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Nel bel mezzo di un conflitto, più o meno tacito, tra sunniti e sciiti, e nel pieno di una guerra senza quartiere contro l’Isis, il presidente americano Donald Trump, ha deciso di riconoscere la terza città sacra più importante dell’islam, Gerusalemme, capitale di Israele.

di Vito Nicola Lacerenza

 

Se qualcuno credeva che fosse difficile trovare una piaga nel mondo islamico dove mettere il dito, si sbagliava di grosso. Nel bel mezzo di un conflitto, più o meno tacito, tra sunniti e sciiti, e nel pieno di una guerra senza quartiere contro l’Isis, il presidente americano Donald Trump, ha deciso di riconoscere la terza città sacra più importante dell’islam, Gerusalemme, capitale di Israele. In barba a qualunque accordo internazionale. L’unanime condanna della comunità internazionale non si è fatta attendere. D’altronde c’era da aspettarselo. Non è interesse di nessuno gettare benzina sul fuoco in medio oriente. La vera sorpresa, invece, è stata la reazione degli Usa di fronte tale dissenso. «Le nazioni unite ci chiedono di fare di più e di dare di più- ha detto Nikki Haley rappresentate degli Stati Uniti all’assemblea generale delle nazioni unite- così, quando prendiamo una decisione, nel rispetto della volontà degli americani, su dove mettere la nostra ambasciata, non ci aspettiamo di essere attaccati da quei paesi che abbiamo aiutato. Gli Stati Uniti prenderanno i nomi».

Parole queste avvolte nel silenzio, niente applausi com’era prevedibile. «Gli applausi sono come le costolette: molto osso e poco mangiare- ha detto lo scrittore spagnolo Ramòn Goméz de la Serna». Applausi o no, poco importa, perché dopo il ritiro degli Usa dall’ UNESCO e dal trattato di Parigi, non è fuori luogo pensare che i seicento milioni di dollari americani destinati al sostegno delle Nazioni Unite possano venir meno. Quando, a maggio, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha sottolineato l’importanza per gli europei “di prendere il destino nelle loro mani”, è stata presa quasi per pessimista. Oggi, alla luce di quanto avvenuto, si capisce come sia importante per l’Europa giocare un ruolo più attivo nelle crisi geopolitiche. Intanto, a Gerusalemme, si infiammano le proteste e la comunità religiosa, in maniera trasversale, condanna la scelta di Trump. «Non posso tacere la mia profonda preoccupazione per la situazione che si è creata negli ultimi giorni e, nello stesso tempo, rivolgere un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite» – ha detto Papa Francesco, mentre i 57 paesi islamici riuniti nell’ Organizzazione della Cooperazione Islamica, si sono schierati con la comunità palestinese. Ora si spera in un passo indietro dell’amministrazione Trump difronte alle pressioni internazionali. Anche se, a giudicare dall’ultima assemblea delle nazioni unite, non c’è da essere ottimisti.

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