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Politica

A cosa serve una legge elettorale?

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Tempo di lettura: 4 minuti

 

A volte bisogna fare una domanda banale per iniziare un discorso serio.

di Gianni Pezzano

In questo caso, dopo anni di dibattiti sulla nuova legge elettorale e l’ennesimo fallimento del parlamento nel trovare una soluzione che metta d’accordo le forze in campo, dobbiamo partire dalla domanda che molti non si pongono più a Montecitorio e a Palazzo Madama.

Domanda

In tutti gli articoli usciti in questi anni su proposte di legge, appelli alla consulta e interventi di vari Presidenti della Repubblica all’interno dei Partiti, nessuno ha posto la prima domanda da fare quando si inizia un progetto di qualsiasi genere.

Cioè, a cosa serve la legge elettorale?

In un paese stanco di cambi di governi e di Presidenti del Consiglio, la risposta dovrebbe essere abbastanza facile. La legge elettorale dovrebbe servire per far uscire dalle elezioni un partito o una coalizione forte e quindi in grado di permettere al Presidente della Repubblica di nominare il Presidente del Consiglio il giorno dopo le elezioni,  e di ottenere la fiducia delle Camere come prevede la Costituzione nello spazio di pochi giorni.

Tristemente questo non succede al parlamento italiano e non solo in questa legislatura. Una gran parte della colpa si trova all’interno delle leggi elettorali varate nel corso degli anni.

Governi e Coalizioni

Per troppi anni la legge elettorale è stata vista dal governo di turno come il modo per far vincere il partito di maggioranza attuale e permettere loro di rimanere al potere per più tempo possibile. Invece per i partiti minori la legge elettorale serve per garantire la loro stessa esistenza e permettere ad alcuni di loro di avere ministri e sottosegretari per i parlamentari più importanti.

Nel corso delle trattative per la nuova legge elettorale si parla già di coalizioni da formare nel futuro prima ancora di sapere la data del voto, tantomeno sapere l’esito della consultazione generale. Nel fare i giochi bizantini del parlamento si è persa di vista la realtà triste del nostro sistema parlamentare, la sua incapacità di formare governi capaci di proporre leggi e amministrare il paese senza bisogno di compromessi tra membri di coalizioni e nei due rami del Parlamento, per paragrafi di proposte di leggi, tanto meno per le line generali del programma del partito che occupa Palazzo Chigi.

Democrazia e le voci dissonanti

Sappiamo tutti che la Democrazia è fragile e che per avere una Democrazia funzionale bisogna essere in grado di permettere a ogni cittadino di esprimere le proprie opinioni. Senza  questa libertà non esiste Democrazia. Ma nel praticare questa libertà fondamentale il sistema parlamentare italiano ha dato più poteri alle voci che non rappresentano che una piccola percentuale della popolazione.

Fin troppo spesso nella formazione delle coalizioni di governo, il partito di maggioranza relativa deve trovare gli alleati per superare la soglia del 50% più uno dei parlamentari per ottenere la fiducia nelle Camere. Questo regala poteri ai partiti minori al di sopra dei loro risultati elettorali.

Il risultato di questo ‘strapotere’ è stato visto di legislatura in legislatura, allorquando partiti minori hanno fatto cadere governi non tanto per i programmi proposti, bensì per beghe all’interno delle coalizioni, oppure per motivi di prestigio del capo del partito di turno. Tutto questo ha avuto una ricaduta negativa sul sistemo governativo italiano.

Possiamo davvero dire che dare potere in più ai partiti minori serva la Democrazia o giovi alla governabilità del paese? Basta vedere la sessantina di governi italiani dal 1946 per capire che la risposta deve essere per forza negativa.

Stabilità

La legge elettorale deve permettere al parlamento di formare coalizioni funzionanti e opposizioni efficaci per dare al paese un sistema parlamentare per un  governo stabile che è la base non solo di democrazie funzionanti, ma anche di sistemi economici efficaci, come vediamo in Germania e Regno Unito. Fino ad ora Montecitorio e Palazzo Madama non sono stati in grado di farlo perché le leggi elettorali incoraggiano i giochini di potere che indeboliscono i governi in carica, di qualsivoglia colore politico.

Alla fine della legislatura sarebbe poi la popolazoine a decidere se dare di nuovo l’incarico al governo attuale, oppure cambiare casacca. In fondo, questo è il ruolo vero della legge elettorale e non le varie primarie e altri meccanismi che non sono che l’escomtage per continuare a dare poteri in più ai partiti invece che al parlamento regolarmente eletto dal popolo.

Purtroppo, l’ennesimo fallimento della settimana scorsa è la prova che troppi parlamentari, di tutti i partiti, non fanno calcoli politici a lungo termine e a vantaggio del paese, ma in base a calcoli di brevissimo termine secondo gli scontri all’interno delle coalizioni e i partiti individuali, curando essenzialmente il proprio orticello.

Legge elettorale strumento di democrazia

Il cambiamento ci sarà  soltanto quando i partiti e i parlamentari si renderanno conto davvero che la legge elettorale non è un giocattolo per il potente di turno, ma uno strumento per raggiungere la democrazia, fondamentale per garantire la governabilità del paese. Finché vedremo beghe su modelli adatti a partiti individuali invece di un sistema che garantisca governi davvero stabili, il Bel Paese si troverà con  cittadini sempre più delusi dei suoi parlamentari, senza eccezioni partitici.

Il costo di questa delusione è potenzialmente disastroso ma rischiamo di pagarlo se i due rami del parlamento non cominciano a decidere su obiettivi concreti e a vantaggio della intera popolazione: governi stabili e parlamenti funzionanti invece di poteri individuali e schemi personali. Bisogna riconoscere che non tutti i parlamentari fanno parte di questi giochi, ma non esiste partito dove le lotte interne non decidano la sorte di governi e parlamenti. Queste lotte sono il fallimento di quella che molti considerano la Costituzione più bella del mondo.

Finchè i partiti continueranno a comportarsi secondo priorità limitate solo al bene individuale dei suoi componenti, la Costituzione è destinata a rimanere un sogno bello invece di un esempio di governabilità che dovrebbe essere la prova dell’efficacia della nostra ‘Magna Carta’.

 

 

 

 

 

 

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